Una centrale geotermica convoglia il calore della Terra per trasformarlo in energia elettrica. In zone particolarmente favorevoli del nostro Pianeta, dove la crosta è più sottile e frastagliata, il “respiro” viene imbrigliato da un pozzo d’estrazione, profondo fino a 3.000 metri, che permette ai vapori naturali di risalire verso la superficie ed essere instradati alla turbina.
La turbina trasforma l’energia cinetica del vapore ad alta pressione in un movimento meccanico, il quale - una volta trasferito ad un alternatore - diventa elettricità. La corrente viene quindi trasportata ad un trasformatore, che ne innalza la tensione e la distribuisce sulla rete.
Dopo esser stato utilizzato per attivare la turbina, il vapore viene incanalato verso un condensatore (o scambiatore di calore), il quale ne abbassa la temperatura e lo trasforma in acqua. Grazie ad una torre di raffreddamento, la temperatura dell’acqua viene ulteriormente abbassata.
A questo punto l’acqua fredda ha davanti a sé due strade: o viene utilizzata nel condensatore, dove contribuisce ad abbassare la temperatura del vapore, oppure viene reiniettata nel sottosuolo, dove si trasformerà di nuovo in vapore e darà nuova vita ad un altro ciclo di produzione per creare nuova energia verde.[1]
Gli impianti per la produzione di energia geotermica impiegano tre tecnologie principali: a vapore dominante (dry steam), ad acqua dominante (flash) e a ciclo binario.
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